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17 Gen 2020

I cavalli di Monsignor Perrelli

Tra contrappunti e intermezzi canori accompagnati da un trio di musici virtuosi, un irriverente e divertito Peppe Barra si esibisce in una magistrale prova d’attore, trascinando il pubblico in una risata condivisa. Uno spettacolo ironico, dal ritmo coinvolgente. Un’affettuosa memoria verso un personaggio e un’epoca storica appartenenti ormai alle favole.

Teatro Comunale Catanzaro

Corso Giuseppe Mazzini, 82
Catanzaro, CZ 88100 Italia

Tel 0961 741241

Sito web www.ilcomunalecz.it

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Dettagli evento

17 Gennaio 2020 | 21:00 > 23:00

Organizzatore

AMA Calabria
Telefono: 0968 24580
Email: info@amacalabria.org
Sito internet: www.amacalabria.org

I CAVALLI DI MONSIGNOR PERRELLI
farsa in musica di Peppe Barra e Lamberto Lambertini

con Peppe Barra e Patrizio Trampetti

Regia Lamberto Lambertini
Costumi Annalisa Giacci
Scene Carlo De Marino
Musiche Giorgio Mellone e Patrizio Trampetti
Coproduzione Tradizione e Turismo – Centro di Produzione Teatrale, Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, A.G. Spettacoli


IN BREVE

Una farsa in musica, in due atti, nei canoni e nello stile allegro, elegante della commedia all’antica italiana. L’epoca è quella di Ferdinando IV di Borbone. Si dice che lo stesso re Ferdinando, e la regina Carolina, attendevano con ansia le visite del caro Monsignore, per cominciare la giornata con qualche sana risata. Fu così che nacque la leggenda di Monsignor Perrelli. Un uomo di chiesa, ma anche un eccentrico uomo di scienza, che spiattellava invenzioni divenute leggendarie, al limite della stupidità, portatore di surreale poesia, di pura follia, che racchiudeva, nel bene e nel male, le caratteristiche di un aristocratico, magari un po’ campagnolo, dell’ottocento. In questo spettacolo si mette in scena il suo rapporto con Meneca, la sua fedele perpetua, vittima rassegnata delle sue stramberie. Peppe Barra è Meneca che, dopo aver subito le cretinerie del suo padrone, si sfoga, a tu per tu con il pubblico in sala, con i suoi irresistibili monologhi. Anche se, come accade in ogni coppia che si rispetti, continua ad accudirlo con attenzioni quasi materne, tenendolo al laccio con la sua arte culinaria di schietta tradizione campana. Monsignore ha la testa tra le nuvole, Meneca ha i piedi per terra, due esseri distanti e vicinissimi, dipendenti l’uno dall’altra. I costumi, le scene, con il Vesuvio che incombe, fumante ed eruttante, dal balcone della villa, la dolcezza delle canzoni, tutto rimanda a quegli anni “felici” del primo ottocento.
Quando la vita, come ancora si ama credere, scorreva leggera, nel profumo degli aranci, nella dolcezza delle canzoni, nella ricchezza del cibo, nella vista appagante del mare. Questo è l’ambiente, il pretesto, non per sobillare inutili nostalgie, ma per illuminare i giorni d’oggi con la forza liberatoria di una risata condivisa. Oltre ai due protagonisti, Peppe e Patrizio, complici fin dagli anni settanta di spettacoli colti e popolari, vi saranno altri due attori/cantanti, per dare ritmo, e divertente contrappunto, alle surreali situazioni scatenate da Meneca e dal Monsignore, anche con godibili intermezzi canori, accompagnati dal vivo da un virtuoso trio di musici.

DALLE NOTE DI REGIA DI LAMBERTO LAMBERTINI
Dalla vita e dalle facezie, più o meno leggendarie, nasce questo scherzo teatrale farsesco, per raccontare gli ultimi momenti della folle esistenza di Monsignor Perrelli. Una storia che procede nello stesso spazio scenico all’antica. Un meccanismo semplice e ironico per confondere, come in sogno, la realtà dalla finzione. Monsignore non è il classico burbero, è un bambino invecchiato che ripete i suoi gesti, i suoi suoni, le sue parole come un vecchio carillon al quale, pur scordato, ci si è affezionati. Meneca infatti, invece di rimproverarlo, di ribellarsi – tanto non servirebbe a nulla – lo coccola e lo vizia con i suoi gustosissimi, pesantissimi manicaretti della nostra tradizione.
Uno spettacolo ironico, dal ritmo coinvolgente. Un’affettuosa memoria verso un personaggio e un’epoca storica che ormai appartengono alle favole.
Ma anche una ‘prova d’attore’ – come si diceva un tempo – un genere in via d’estinzione, un modo di vivere, di amare l’arte del teatro; un teatro intessuto di misteriosi rimandi e connessioni tra le ombre e le luci, un luogo rituale dove l’Attore, immerso nella scena, come un pesce.

 

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