AMA Calabria, CIDIM, Istituto di Cultura Italiana Istanbul
presentano
LA SERVA PADRONA
Intermezzo buffo
Personaggi
UBERTO, Davide Ruberti, Basso
SERPINA, Ilaria del Prete, Soprano
VESPONE servo di Uberto, Gianni dal Bello che non parla
Musica Giovan Battista Pergolesi
Libretto Gennaro Antonio Federico
e con
Ensemble La Grecia diretto da Mauro Trombetta
Alina Komissarova, Violino
Sara Molinari, Violino
Andre Repetto, Viola
Roberto Trainini, Violoncello
Antonio Petitto, Contrabasso
Spunti per una regia
Preferire gli effetti dell’armonia a quelli della melodia, con il pretesto che una è il fondamento dell’altra, è come se si volesse sostenere che le fondamenta di una casa sono il luogo più piacevole per abitarci perché sopra vi poggia tutto l’edificio.
Sono parole del filosofo D’Alembert che schierandosi con gli enciclopedisti invitava a superare quell’idea dogmatica di sapore cartesiano di certa musica, collocandola nell’ambito dell’arte che ha a che fare con il gusto e non con la ragione: “Meglio la melodia”.
Dall’altra parte, i fautori della tradizione pitagorico-razionalistica non avevano nessuna intenzione di smuoversi da una concezione matematica della musica, fondata essenzialmente sull’armonia.
Che c’entra tutto ciò con un “intermezzo buffo” di Giovan Battista Pergolesi? C’entra, eccome, in quanto in piena disputa filosofica l’arrivo a Parigi nel 1752 di una troupe itinerante italiana, portatrice di uno stile nuovo, scanzonato, sciolto da briglie nemiche dell’arte tout court, trovò un successo inaspettato con la sua rappresentazione della “Serva Padrona” e scatenò quella che passò alla storia come “la Querelle des Bouffons”.
L’attuale allestimento vuole partire da lì, da un assaggio di “querelle” tra il tradizionalista Rameau e il filosofo Rousseau che ben rappresentano l’impatto duro dello scontro intellettuale proseguito per anni. Per finire come?
Semplicemente con i lumi che si diffondono, il linguaggio cambia carattere, divenendo meno passionale, non parlando più al cuore, ma alla ragione. Se ne accorsero i protagonisti della nota “Querelle”? Chissa?
Di certo scoprirono che a volte occorre uscire dalle rigide convenzioni per assecondare la crescita della persona. Quello che fecero i tanti artisti italiani che seppero insegnare uno stile di vita al mondo intero. Così nel nostro allestimento il cosiddetto gusto italiano deve avere il coraggio di togliersi la maschera, proprio come farà Arlecchino, trasformandosi in Vespone, a confronto con la propria anima, il personaggio inventato di Vespina; ma come faranno anche Uberto e Serpina che da marionette troveranno il coraggio di liberarsi dalle briglie di una illusoria ragione per divenire, semplicemente… persone, e soprattutto uguali, con gli stessi diritti, pur nella loro diversità di genere.